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A proposito di Unità d'Italia: sembra che gli sciamani del nordovest
fossero, tanto tempo fa, più occidentali rispetto a quelli
del nord-est.
Fu in virtù di questa perspicace intuizione che Amilcare
Rambaldi rifondò il Club Tenco, nato in un primo tempo
a Venezia, trasferendolo a Sanremo. Mostrando così una
concezione modernamente decentrata della canzonetta.
Mentre invece lo Shomano, di stampo integralmente centralista,
nasce, vive e prospera (anche se, su quest'ultimo punto, alcuni
studiosi nutrono fondate riserve) in val Camonica.
Due posizioni
strategiche contrastanti che alla lunga hanno finito per incidere,
più o meno profondamente, sui destini dell'Unità d'Italia. |
Con tutte le conseguenze che non potevano certo restare
disinvoltamente inevase proprio nell'anno etc. etc.
Per cui eccoci qui a immergerci nel dinamico magma culturale che agita l'argomento. Anche se la difficoltà sta, in fondo, nel trovare un punto fisso, o perlomeno credibile, di partenza. Ma, puta caso, se i Mille salparono da Quarto, è ora Settimo, nel senso di Franco, a partire per primo in quarta.
Questa, almeno, è l'opinione di Antonio Silva. Il quale aggiunge che una mostra di copertine di dischi che spazia da Natalino Otto a Renato Zero ci costringe fatalmente a fare i conti con la nostra storia. E, sul medesimo argomento, Danilo Paparelli, sempre secondo il Silva, ce ne farà vedere di tutti i colori con il suo Viva Verdi, Bianchi e Rossi (edito da Nerosubianco). Paparelli la prende alla lontana, dal Pellico (definito dal Silva "eccessivamente prigioniero del proprio mito") e Maroncelli (che invece qualifica "un tipo in gamba") e indaga sull'argomento senza però offrirci indicazioni di tipo storiografico.
Quelle, se proprio lo vogliamo, dobbiamo cavarcele da soli. Di sicuro c'è che, ogni volta che si tratta di costruire l'Italia, gli scenari di fondo sono sempre gli stessi e uguali sono i fondamenti e fondamentalismi culturali: suicidi kamikaze come Pietro Micca disposti a saltare in aria per difendere un'idea ("una situazione davvero esplosiva" per il Silva), cellule segrete terroristiche (a dire il vero un po' maldestre, secondo la migliore tradizione italica, vedi Menotti, Pisacane e i fratelli Bandiera).
Si ripetono le medesime dinamiche sociali e le stesse contrapposizioni politiche, centocinquanta anni fa come oggi. Al problema della fuga dei migliori cervelli (come Mazzini costretto a vagabondare tra Francia, Svizzera e Inghilterra) si contrappone quello dell'immigrazione.
Spesso immigrazione di ritorno: vedi il caso di Garibaldi, obbligato dalla carenza di guerre e rivoluzioni a lasciare il Sudamerica per cercare nuove occasioni di lavoro in patria (con non pochi problemi per ottenere permessi di soggiorno: lo testimoniano i vari respingimenti subiti nello stato pontificio).
Non pochi, poi, i disagi tipici della cultura giovanile di cui la musica si è fatta, come sempre, interprete privilegiata.
Con parolieri "maledetti" morti, secondo la migliore tradizione della scena alternativa, nel fiore dell'età, come Goffredo Mameli. Accanto a tante analogie non mancano, naturalmente, le differenze. Anche allora, come adesso, si viveva la feroce contrapposizione tra sostenitori di uno stato federale e quelli di uno stato centralizzato e centralizzante. Ma, rispetto ai nostri giorni, con una differenza sostanziale: che i federalisti, si trattasse del laico Cattaneo del bigotto papalino Gioberti, sapevano esprimersi in un italiano perfetto. Mentre erano i centralisti, da Cavour a Vittorio Emanuele II, da Rattazzi a Quintino Sella, a sapere andare poco più in là del dialetto piemontese.
E ancora: Costantino Nigra, oltre a infilare avvenenti connazionali nei letti parigini che contavano, era un grande studioso di canto popolare e sull'argomento ha lasciato un'opera tuttora considerata una pietra miliare.
Ancora oggi c'è qualcuno che conta e che le donne (anche se non sempre connazionali) se le fa infilare nel letto da altri. Ma quello che ancora non siamo in grado di prevedere è se la sua opera (musicale, naturalmente) sarà ancora ricordata tra 150 anni. Per cui il giudizio storico non può che restare sospeso. Se si sospendono i giudizi storici, allora si può sospendere tutto.
Anche questa presentazione. In attesa che il 12 agosto Antonio Silva non dica "si alzi il sipario" o qualche altra frase di pari originalità.
Sergio Secondiano Sacchi |
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